Lo spettacolo è stato creato utilizzando diverse modalità espressive. Una di queste ha comportato la registrazione di interviste a diverse persone nelle quali venivano poste domande sull’individuo, la sua storia, la sua identità, la famiglia, il lavoro. A partire da frammenti, frasi, parole, a volte anche interi brani delle risposte date, la regista ha composto la colonna sonora dello spettacolo. Per le azioni sceniche sono invece stati coinvolti cinque non-attori: affiancati dall’attrice-regista hanno creato partiture fisiche evocative che fanno anche da trama narrativa al lavoro.
Il binomio arte e società acquista senso nel momento in cui l’individuo-artista si definisce nel proprio contesto vivendolo ed influenzandolo tramite il proprio operare e creare. A partire da questa premessa si è scelto di collegare la creatività alla femminilità. È infatti d’uso comune e quotidiano, anche in un contesto artistico, il riferimento a un’estetica e a un linguaggio “al femminile”. Una definizione che nella sua complessità include anche l’avvalersi di un approccio più intimistico e più introverso all’arte. In questo senso essa tocca anche il modo di lavorare di Ledwina Costantini, la quale dal punto di vista registico tende a dar forma a figure e immagini circoscritte alla sfera familiare e alle gerarchie affettive in primis. Attraverso l’incontro e il dialogo con persone di età, genere, estrazione e professione diversa, si sono voluti esplorare i ruoli di genere e sociali in quanto membrane porose piuttosto che barriere invalicabili. Dall’esperienza comune della scena e della creazione sono nati al contempo una testimonianza polifonica e un racconto coeso.