La performance ha come protagonista la mortifera copia dei Macbeth presentata come due parti disunite e simbiotiche di una stessa individualità psichica. Il duetto mette in scena il concetto esposto da De Rogatis e da Neumann dell’archetipo materno in cui l’identità femminile si costituisce oscillando tra il polo positivo della Madre generativa e quello negativo della Madre divorante. Tra i due, la società non permette di collocare l’aggressività. La narrazione del Macbeth prende forma attorno all’impossibilità per la donna, nella moderna cultura occidentale, di elaborare una forma dell’uccidere culturalmente e socialmente connotata. Nella rigida gerarchia patriarcale della prima età moderna la donna, soprattutto se appartenente al ceto aristocratico, è associata alla casa. Anche Lady Macbeth non fa eccezione: lo spazio della sua attività è limitato dalle mura dei castelli. Macbeth invece appartiene alla dimensione pubblica e fortemente ritualizzata della guerra. La donna invece agisce e si posiziona nell’eccesso di aggressività, o nell’assenza di essa. Nello spettacolo la Lady cerca di emanciparsi dal ruolo limitante che le è stato assegnato, manipolando il marito per ottenere attraverso di lui il potere che crede di meritare. Tramite una sterile simbiosi dei due personaggi, la pièce propone un femminile che è al contempo vittima e carnefice.
Il pubblico, a cui è stato chiesto di osservare un dress code bianco e nero, si è in parte seduto alla tavola dei Macbeth, in guisa di ospite, in parte si è disposto in piedi attorno al tavolo, come la corte al cospetto del banchetto reale.